Il fenomeno del momento: l'Orange Wine

Il fenomeno del momento: l'Orange Wine

May 25, 2022

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Ilaria Rosa

L’arancione è il quarto colore del vino che è tra le mode del momento, si produce con uve a bacca bianca. Gli Orange Wines nascono nel Caucaso, l’attuale Georgia, migliaia di anni fa dove, come da tradizione, si vinificava nei kvevri (o kwevri oppure qvevri) grandi contenitori ovali di terracotta molto simili alle anfore con capienza media di 1000 litri.


Il succo d’uva con le bucce, i vinaccioli e a volte anche i raspi, venivano versati all’interno di questi contenitori precedentemente sotterrati ed in seguito sigillati con coperchi di pietra e cera d’api. Il vino rimaneva a macerare per circa sei mesi. Questa pratica nel 2013 è stata dichiarata dall’Unesco fra i beni Patrimonio dell’Umanità. Ancora oggi in Georgia è in uso questo sistema di produzione ed alcuni kvevri hanno 250 anni di vita.


Fino agli anni '60 questa tecnica di vinificazione del bianco con lunga fermentazione era di uso comune, ma poi fu abbandonata con la nascita del vino industriale. Con le moderne pigiadiraspatrici, i lieviti selezionati e i più pratici serbatoi in acciaio inox, le cantine hanno puntato su una produzione più veloce con un vino standard, limpido e dal colore pallido. A partire dalla metà degli anni '90 questa tradizione contadina antica e ormai "quasi sparita", torna in voga e ricompare nelle cantine italiane e in quelle di molti altri paesi. Pionieri degli Orange Wines furono Josko Gravner e Stanko Radikon, due produttori di vino ad Oslavia, un sobborgo di Gorizia, dove coltivavano un’uva a bacca bianca con polpa soda e buccia molto spessa come la Ribolla gialla.


Ritornando all’antico metodo di vinificazione, sono tornate alla luce tutte le sfumature dei caldi colori rilasciati dalla parte esterna degli acini con la lunga macerazione, rendendo il vino più strutturato. Tra i vitigni più adatti a subire questo tipo di trattamento troviamo in Italia: il Verdicchio Marchigiano, il Trebbiano Toscano, la Ribolla Gialla in Friuli Venezia Giulia e la Garganega in Veneto.


La durata della macerazione può durare da qualche giorno a diversi mesi, questo permette ai vini di acquisire sostanze proteiche e aromatiche, tannini, flaconi, terpeni, polifenoli, profumi unici e differenti. Il colore finale del vino può variare dal giallo carico dorato all’ambrato, dall’arancione al ramato; al palato risulterà più strutturato di un vino bianco ma con più morbidezza. Per i lunghi affinamenti o anche per la fermentazione, molti produttori preferisco usare le botti in legno, questo ammorbidisce in maniera più spiccata alcune spigolosità che un grande Orange può avere.


Anche le sensazioni olfattive sono legate alla tecnica di produzione, e quindi spaziano in un catalogo esorbitante che vanno da note di agrumi, a frutta matura o candita, erbe aromatiche, pepe o cannella, ed anche frutta secca o crosta di pane. Se al naso gli Orange Wines possono avere note fruttate o erbacee, al palato sono complessi e strutturati, e con una buona freschezza e sapidità. Solitamente questi vini sono prodotti da uve provenienti da agricoltura biologica o biodinamica. In definitiva il risultato è un vino più sano che ben si accompagna a piatti di carne anche speziati, pesci cotti o crudi, zuppe vegetali e alla cucina Orientale. Sono di certo da provare anche in abbinamento a formaggi stagionati e primi piatti ben conditi ed elaborati. La temperatura ideale di servizio si aggira intorno ai 15° in ampi calici o anche balloon, ampiezza necessaria per esprimersi al meglio. Visto che spesso in questi vini naturali e non filtrati ci possono essere dei sedimenti è consigliata la decantazione.


Pur rimanendo un prodotto di nicchia, questi vini “arancioni”, sono sempre più guardati con interesse dai consumatori che amano le novità e che desiderano stupire.
E tu li hai mai assaggiati?


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